Titolo: Silenziosa Lucidità
Fandom: originale
Genere: drammatico
Disclaimer: La storia, i personaggi, il contesto è tutto inventato e scritto da me in prima persona!
Bianco. C’è neve dappertutto, nient’altro. Sarebbe uno spettacolo meraviglioso: niente traffico, niente rumore. Pace.
Erano
mesi che sognavamo l'estate e, finalmente, era arrivata. Questa
settimana toccava alla gita in montagna, soltanto per noi due.
Doveva essere una semplice vacanza estiva. Doveva. E invece.
Un
rumore sordo, poi una corsa disperata. Niente di più stupido: non serve
a nulla e si sprecano energie indispensabili. Non è stato doloroso, non
me ne sono quasi reso conto. Ho avuto appena il tempo di gridare il
nome di Cristel, prima di venire investito da un’enorme poltiglia di
neve, ghiaccio e terra.
Quando apro gli occhi, non vedo nulla: solo
il buio totale. Sono morto? No, un dolore lancinante alla gamba sinistra
mi fa capire che non lo sono. Tento di sollevarmi per controllare la
situazione, ma non riesco ad alzarmi. Abbasso nuovamente le palpebre,
intimandomi di calmarmi: non devo farmi prendere dal panico. Non sono un
novellino: so cosa fare in caso di emergenze come queste.
D’accordo, una cosa alla volta.
Non
riesco a muovere la caviglia, probabilmente, mi sono fratturato il
piede. Respiro a fondo e, con entrambe le mani, cerco di capire quanto
potrei resistere qui sotto a livello di ossigeno. L’istinto mi porta a
smuovere un po’ di neve per trovare più aria, ma mi fermo
immediatamente: se lo facessi, non avrei più nessuna possibilità di
farcela, otterrei soltanto un altro piccolo effetto valanga.
Resto
sdraiato, immobile. Mi concentro sulla respirazione; qualcuno arriverà,
no? Soltanto in questo momento mi assale il dubbio, dov’è Cristel? Apro
la bocca per chiamarla, ma le parole non vanno oltre il cervello, si
fermano prima di giungere alle corde vocali: non riesco a parlare. Mi
prende il panico e il cuore comincia a pompare più velocemente. Picchio
sul soffitto di neve più forte che posso, fino a quando, stremato, non
lascio scivolare le braccia a terra. Gran bella mossa. Ora quanto tempo
mi resta, prima di perdere del tutto le forze? Sicuramente molto meno di
prima. Il fatto positivo è che ho un po’ di spazio per muovermi.
Mi
concentro sul silenzio che c’è intorno a me. Non sento neppure il
sibilare del vento e questo mi terrorizza. Sono completamente solo. Mi
basterebbe anche un fastidiosissimo ronzio, basta che sia un suono…
Stringo
le mani a forma di pugno, fino a quando il battito cardiaco rallenta,
forse troppo. Decido di mettermi a contare mentalmente: devo tenermi
lucido in qualche modo. Arrivo fino a quarantatre, poi salto da una
cifra all’altra quasi senza rendermene conto.
Ho freddo, la mia pelle
è ormai secca e tutto il corpo è scosso continuamente da brividi. Mi
rannicchio su un fianco, in posizione fetale, per trattenere il più
possibile il calore corporeo. Resto in questa posizione per qualche
istante, non saprei dire precisamente quanto sia passato, lo scorrere
del tempo mi è ormai impossibile da definire. Minuti? Ore? O forse
addirittura giorni? Poi, le palpebre si fanno pesanti… riprendo a
contare: non posso concedermi di addormentarmi, sarebbe la fine.
Sento
una voce, sembra che qualcuno mi stia chiamando. Cristel? Sì, la vedo.
Tende un braccio verso di me. Sorride e mi chiede di andare con lei. È
bellissima, sembra un angelo. Allungo la mia mano verso di lei con un
sorriso e chiudo gli occhi.
Niente più paura, solitudine e silenzio. Ora sono in pace.
venerdì 1 febbraio 2013
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